mercoledì 25 novembre 2015

Gli stereotipi più comuni sulla violenza domestica

 Schema riassuntivo degli stereotipi più comuni, tratto da “La violenza domestica: come prevenirla, gestirla e valutare il rischio di recidiva” 2006 (AIPC). 

LA SPIRALE DELLA VIOLENZA

La violenza domestica comprende qualsiasi forma di maltrattamento fisico, morale, psicologico, sessuale, economico e di persecuzione (stalking), da parte del partner (marito, compagno, fidanzato), o ex partner, nei confronti dell'attuale compagna o ex.

La violenza domestica è un fenomeno che non conosce confini sociali, economici e culturali. 

La donna soprattutto durante la fase iniziale del maltrattamento, non ha la percezione di ciò che le sta accadendo e la prospettiva di ciò che le potrebbe accadere. 

Così la violenza, inizia a percorrere il suo ciclo intrappolando emotivamente la vittima, nella cosiddetta "spirale della violenza" (Wolker, 1979), dalla quale è difficile uscire. 

Tale ciclo ha la caratteristica di alternare fasi di maltrattamento con fasi di falso pentimento da parte del partner violento che, costruendo un momento di perfetta armonia ricco di scuse e corteggiamenti prepara il terreno per lo stadio successivo, dove riaffiora la tensione e la donna viene isolata psicologicamente ed economicamente con continue vessazioni e minacce. 

Al ricominciare del ciclo, la violenza e i maltrattamenti, ogni volta che si ripropongono, diventano sempre più crudeli e la fase della cosiddetta luna di miele, va pian piano scomparendo, per poi sfociare nei casi più gravi in omicidio. 

Quando la donna, da sola, non ha le risorse per bloccare tale escalation, quando il supporto della famiglia non basta o è inadeguato i centri antiviolenza e l'aiuto delle forze di polizia diventano indispensabili. 



mercoledì 18 novembre 2015

Il bisogno di riconoscimento e l' importanza delle relazioni


"Amore" di Alexandr Milov



























Penso alla fragilità dei rapporti umani, una fragilità che racchiude la paura di essere feriti e così i rapporti vengono interrotti senza darsi la possibilità di chiarire, perché è meglio un rapporto interrotto che lascia forse l’illusione di un proseguo diverso che la cruda e dura realtà dell’essere stati rifiutati. La paura di essere abbandonati, la paura di non essere compresi, la paura di non essere riconosciuti dà il via all’instaurarsi di rapporti fragili, rapporti privi di intimità psicologica, poiché oggi la probabilità di un tradimento è troppo alta, talmente alta che ormai non è più qualcosa di anormale, ma al contrario è qualcosa che si ha da tenere presente perché è più normale un tradimento che un rapporto fondato sul rispetto e la fiducia.
Questo spinge le persone a non dichiararsi in maniera autentica e a costruire rapporti superficiali privi di condivisione, privi di amore per sé e per gli altri.

Cosa pensa una persona che si cela dietro a uno sguardo duro e che non si lascia mai andare a una espressione di “debolezza”? 
Che cosa vuol dire essere deboli?
Spesso mi capita di sentir dire da alcuni clienti che sperano di non piangere in seduta, perché il pianto è segno di debolezza. Lasciarsi andare a un’espressione di autenticità è spesso collegato al rischio di scoprirsi, denudarsi e quindi essere più facilmente esposti a ferite. Hanno da essere forti “ormai è tempo di accettare le situazioni che la vita ci pone davanti” dicono.

Come mai sono così importanti le relazioni a tal punto che ci proteggiamo da queste? 
Ci proteggiamo dalla nostra fonte di nutrimento. Ecco perché soffriamo nei tradimenti o perché bramiamo vicinanza, perché lottiamo con il profondo bisogno di avere qualcuno accanto a noi.
Il bisogno in realtà è veramente primitivo, si tratta di un bisogno che risale ai nostri primi anni di vita e il loro soddisfacimento dipende proprio dalla qualità delle relazioni che vengono instaurare fin dalla nostra nascita. 
Pensate a un bambino che nel suo pianto ricerca la vicinanza della mamma, pensate a un bambino che nel monento in cui viene tenuto tra le braccia della mamma si calma, si tranquillizza, sembra proprio che nella relazione trovi la sua fonte di benessere.
Noi ci comportiamo portando avanti quello che l’Analisi Transazionale* definisce Copione di Vita, “un piano di vita che si basa su una decisione presa durante l’infanzia, rinforzata dai genitori, giustificata dagli avvenimenti successivi e che culmina in una scelta decisiva” Berne (1972). Tale scelta di vita viene presa in base al nostro “bisogno di riconoscimento”. Questo significa che tutto dipende dal nutrimento affettivo che si è ricevuto dalla propria famiglia d’origine prima e dagli scambi con l’ambiente esterno dopo. Questo significa ancora che fin dalla nascita noi abbiamo un forte bisogno di essere riconosciuti, un bisogno di essere amati e questo viene nutrito attraverso la relazione. Nel corso della nostra crescita noi andremo a cercare la vicinanza dell’altro nella modalità che abbiamo appreso, andremo a cercare le “Carezze”, ovvero la risposta al nostro bisogno di riconoscimento da parte degli altri, per la quale se non la otteniamo ci sentiamo deprivati. Ognuno di noi sviluppa un bisogno di essere riconosciuto e tale bisogno sarò monitorato dal proprio “quoziente di carezze” preferito, nella vita adulta quando una persona riceve una carezza che non è in sintonia con il proprio quoziente di carezze è probabile che la ignori, la svaluti per mantenere stabile il proprio quoziente e l’idea che ha di se stesso e del mondo. Bè tutto questo insomma per sottolineare che il nostro potenziale affettivo ruota attorno alla qualità delle nostre relazioni, noi ci nutriamo sin dalla nascita delle relazioni e da lì impariamo a comprendere in che modo possiamo ottenere vicinanza e in che modo ci possiamo difendere da un eventuale rifiuto.

"Buone e sane relazioni interpersonali sono il cuore della salute psicologica e della felicità" William Glasser (2007)

*Analisi Transazionale: è una teoria della personalità, è una psicoterapia sistemica ai fini della crescita e del cambiamento della persona. È una teoria della comunicazione. È una teoria dello sviluppo infantile. È una teoria della psicopatologia.


domenica 1 novembre 2015

"Il BellEssere"

Il BellEssere nasce dall'idea di dare a quante più donne possibili gli strumenti per poter valorizzare la propria bellezza data da una valorizzazione e quindi dall'amore  del proprio essere fino all' espressione artistica nel prendersi cura del proprio corpo come manifestazione fisica del proprio essere. La parte visibile tangibile che è fluidamente connessa con la bellezza della propria parte interiore. Il sentire il pensare e il fare sono armonicamente collegati tra loro attraverso una coerenza interna data da uno consapevolezza matura e dalla libertà nel manifestare la propria autenticità. 
Perché Marras? 
Come ho detto al seminario sono molto affascinata da chi porta avanti in maniera decisa i propri sogni il proprio stile, in chi crede nella potenza di "essere" di esistere con le proprie caratteristiche con le proprie particolarità e con le proprie idee. I fratelli Marras hanno osato rischiato, non perdendo mai di vista le loro radici, uno stile che esplora il nuovo restando a casa non perdendo mai la propria identità.